Taiji o T’ai Chi? Tao o Dao?

La Via del T'ai Chi • 2 gennaio 2018

La storia di una traduzione. Il difficile passaggio dalla lingua cinese a quelle latine, passando per il Taiji. L'articolo Taiji o T’ai Chi? Tao o Dao? sembra essere il primo su La Via del T'ai Chi.

Spesso davanti alle domande che riguardano la lingua cinese, allarghiamo le braccia e ci arrendiamo. Troppo difficile! Allora noi de La Via dal T’ai Chi, vogliamo fare qualche chiarimento a riguardo.

Stiamo parlando della trascrizione in alfabeto latino, cioè della romanizzazione, di una lingua che si esprime nella scrittura in modo completamente diverso. Abbiamo visto tutti quelli che chiamiamo ideogrammi, i caratteri, tecnicamente i “morfogrammi”, molto belli ma decisamente difficili da decifrare.

I caratteri cinesi sono la più antica forma di scrittura tuttora in uso. Non sono “fonemi”, come le nostre lettere, cioè non indicano sistematicamente dei suoni, ma “morfemi”, unità minime significative. Vi è quindi un problema di traduzione, rilevante.

I primi tentativi sembrano essere stati quelli dei missionari (il più conosciuto Matteo Ricci, già nel 1583-88), ma il più ampiamente riconosciuto è stato quello del diplomatico britannico Thomas Wade nel 1859, migliorato da Herbert Giles nel 1892. È conosciuto come sistema Wade-Giles .

Seguiti poi dai francesi, nel 1902, con il sistema EFEO (Scuola Francese dell’Estremo Oriente).

Durante la seconda guerra mondiale, l’Università di Yale crea il sistema Yale per facilitare i rapporti militari. Sistema usato molto dal mondo anglofono per insegnare il cinese e anche come presa di posizione politica: la “terza via” tra il Partito Comunista (con il Pīnyīn )  e il Kuomintang (con altro sistema).

Nella prima metà del XX secolo ai vari linguisti stranieri (tra cui anche sovietici) si aggiungono anche i linguisti cinesi, in un’operazione politica più ampia che mirava alla semplificazione e standardizzazione della lingua cinese, che prevedeva anche la creazione di un alfabeto fonetico cinese. Rinunciano ad un alfabeto cinese, optano per quello latino perché più conosciuto nell’ambito scientifico e della ricerca e, nel 1958, Zhou Enlai annuncia ufficialmente l’adozione nella RPC (Repubblica Popolare Cinese) del sistema Pīnyīn (拼音 che significa “combinare i suoni”) che usa l’alfabeto latino e segni diacritici (accenti) per indicare i toni.

Vicissitudini varie, tra cui la Rivoluzione culturale, hanno spostato la definitiva approvazione del  Pīnyīn da parte del Consiglio di Stato a l 1978.

Nel 1982 viene accettato a livello internazionale dall’ISO ( International Organization for Standardization ).

La trascrizione è un necessario ausilio didattico per gli stranieri, ma è stata ed è utile anche ai cinesi per la diffusione dell’alfabetizzazione, sia per l’insegnamento ai bambini che per chiarimenti di pronuncia del Mandarino standard ai parlanti altre forme di lingua cinese. È poi utile strumento per l’immissione dei caratteri cinesi nel computer.

 

Negli ultimi anni il Pīnyīn è diventato il metodo universalmente riconosciuto, ma nei testi scritti precedentemente continuano a comparire gli altri sistemi (e quelli esaminati sono solo i più conosciuti). Di qui, la confusione.

Secondo il sistema Wade-Giles scriviamo “T’AI CHI”, per Yale scriviamo “TAI CHI” e usando il  Pīnyīn , infine, “TAIJI”, mentre i caratteri cinesi sono sempre gli stessi!

                             太极

Così, il TAO ( Wade-Giles ) e il DAO ( Pīnyīn ) sono la stessa cosa.

                            

Per i significati vi rimandiamo alle prossime pubblicazioni.

 

Marina Stanghellini
La Via del T’ai Chi

 

BIBLIOGRAFIA

“Il cinese per gli italiani”, AA.VV., Hoepli 2010

SITOGRAFIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Romanizzazione_della_lingua_cinese

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